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Arbeitswelt - German Grammar - Deutsche Grammatik

  

Besten Dank an Marianna Perazzini,

Autorin und Expertin für Kunstgeschichte der Region Emilia-Romagna und Marche / Marken

Kontakt: facebook: @marianna.perazzini.5

Salaam Mumbay!

Pubblicato il 4 febbraio 2012 da girandulon

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Bombay (o Mumbai) è una città enorme che conta più di 20 milioni di persone. E’ piena di sognatori, di attori e artisti, studenti e colletti bianchi, miliardari galoppini, taxisti con le mitiche Ambassador e di tante altre persone.

Alcuni scorci hanno un languore di decadenza gotica, mentre alcune zone ricordano angoli di Parigi o Londra. Per non parlare di South Mumbai che con il suo lunghissimo lungomare di palme e hotel di lusso non ha nulla da invidiare a Miami beach (a parte la spiaggia ed il mare balneabile…qui è assolutamente vietato sfiorare l’acqua, è altamente tossica!!!)

 

Bombay è il centro finanziario dell’India, la capitale della moda e, per la mia felicità piena di gallerie d’arte degne di questa definizione! Forse è proprio per questa sua apertura a 360° che è spesso al centro di tensioni religiose.
E’ veramente un mix di tutto ed un sunto dei controsensi indiani. Basta pensare che qui si trova uno dei più grandi slum di tutta l’Asia (Dharavi), nel cuore della città, un luogo estremamente attivo dove il riciclaggio di plastica e carta è diventato un vero e proprio business che frutta 650 milioni di dollari l’anno! Incredible India!
Ma Bombay è anche sinonimo di Bollywood, la più fiorente industria cinematografica dell’Asia che sforna oltre 900 pellicole all’anno, più di qualsiasi altra, Hollywood inclusa. Ha centrato il bersaglio, trovando il giusto ingrediente che stimola il gusto (un po’ prosaico e kitch) del folto pubblico indiano, con tormentate storie d’amore condite con canti e balli. Le star di Bollywood sono diventate un vero status symbol, un modello da seguire per le giovani ragazze, “sognatrici della vita delle attrici”!  Tutto il mondo è paese…..
Siamo venuti a Bombay perchè qui c’è anche uno dei più grandi porti di tutta l’Asia….dove abbiamo lasciato la nostra Landy, che rivedremo tra qualche settimana a Livorno, ormai a casa!

Ci ha accompagnati per oltre 14000 km, molti dei quali in condizioni pessime, senza dare mai segni di stanchezza…nonostante l’età! Un distacco che non avremmo voluto!
Il nostro toro di Shiva ci ha regalato un viaggio perfetto!

Ready for the sun!!!

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E’ il momento dei saluti, lasciamo Varanasi con un pò di nostalgia e tutti gli amici che ci hanno aiutato a realizzare la nostra missione e hanno partecipato come se fossero parte della nostra famiglia.
Ma è ormai tempo di muoversi verso una nuova destinazione: Goa!
Non potendo più tornare in Italia via terra abbiamo dovuto modificare il resto del percorso che pensavamo di concludere in Gujarat, passando per Udaipur e risalire verso Pushkar per riprendere il confine; ma ora, dovendo muoverci verso Bombay per imbarcare la Landy su una nave e noi su un benedetto aereo, la scelta più vicina e sicura per una meritata luna di miele al caldo è proprio Goa!
Quattro giorni di viaggio per raggiungerla, con soste solo per cenare e dormire, ma ne è valsa decisamente la pena!

 

Ero decisamente prevenuta nei confronti di Goa e mi sono dovuta ricredere su molte cose. Il mio scetticismo è sparito non appena ci siamo inoltrati nel verde di queste campagne, cosparse di villaggetti colorati, ricoperti di palme, con una temperatura decisamente più salutare per le nostre ossa! Ci siamo lasciati trasportare  dall’atmosfera languida e rilassata di Arambol, lontana dal caos dei trance-party di Anjuna, con la sua lunga spiaggia senza conchiglie, i sentieri tra le rocce, i negozietti pieni di tutto, l’ottimo pesce alla griglia  e lo yoga (che abbiamo solo osservato passivamente!).

Oggi i goani sembrano piuttosto orgogliosi della loro eredità portoghese. Ciò che rende Goa questo paradiso tropicale meta ogni anno di milioni di turisti (la metà dei quali russi!) non sono solo le spiagge o i party che durano fino all’alba e che ora si sono spostati più a sud , ma è quell’affascinante connubio di oriente ed occidente che si ritrova in ogni cosa, dall’architettura, che unisce linee europee al technicolor hindu, alla cucina, alla religione che  vede Musulmani, Hindu e un folto numero di Cattolici convivere insieme. Non è raro vedere infatti i classici altarini ricolmi di incenso dove, al posto di Ganesh o Shiva, spuntano le statuine di Maria e Giuseppe, come nella nostra guest house, che i chiama tra l’altro Noha’s ark (l’arca di Noè)!

 

E’ tempo di viverci questo nuovo posto, felice di aver avuto modo di ricredermi!

 

Masala wedding!

Pubblicato il 22 gennaio 2012 da girandulon

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15 gennaio 2012
Varanasi, Uttar Pradesh, India

 

“NO WAY”

Pubblicato il 14 gennaio 2012 da girandulon

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Data l’ impellente necessità di un nuovo visto per il Pakistan, per organizzare in tutta calma il nostro ritorno via terra, decidiamo di risolvere la questione in pochi giorni. Per raggiungere Delhi, unico luogo possibile dove svolgere questa noiosa burocrazia e distante oltre 700 km, decidiamo di lasciare a malincuore la Landy a Varanasi e di prendere il treno notturno che in 12 ore ci avrebbe portato a destinazione. Dopo 20 lunghissime ore (indian time!) arriviamo stremati a Delhi, rimpiangendo la nostra compagna di viaggio che abbiamo tradito lasciandola in un polveroso parcheggio di Godaulia!
La luce ancora disponibile del giorno ci da un’idea di quanto sia ordinata e ricca la capitale, lontana anni luce dal fascino convulso di Varanasi. Fantasticando sui posti e le persone che vorremmo rivedere e su quelli che invece ci siamo persi durante il viaggio, la mattina successiva ci muoviamo prestissimo verso l’ambasciata pakistana, costruita sul modello delle tante moschee viste lungo il nostro percorso. C’è già una lunga fila di persone che aspetta in piedi o accovacciata di ritirare il proprio visto. Mi copro i capelli con la mia sciarpa e chiediamo al tizio dietro al vetro le informazioni per modificare le date del nostro secondo ingresso in terra pakistana, come ci è stato suggerito al Passport Office di Lahore. La sua risposta ci ha lasciati senza parole:
“You have to go in Italy!”
”  ^_^’  ”  “Ma noi siamo in India adesso…!”
“Only in Rome is possible!”
“Ma….”
“NO WAY! Impossible!”
e si rimette a distribuire passaporti ai suoi connazionali. Decisamente spiazzati ritentiamo dopo 5 minuti ed il tizio visibilmente scocciato, come se avesse parlato al vento, ci suggerisce di tentare all’Ambasciata italiana
MAYBE in two weeks…MAYBE!!!!”
E noi cosa facciamo due settimane a Delhi senza passaporto, se tra tre settimane ci scade anche il visto indiano e soprattutto dobbiamo rientrare urgentemente a Varanasi entro 3 giorni? Sempre che poi quel MAYBE si trasformi magicamente in un SI!
Dopo attimi di silenzio e qualche incontenibile “…pork…” vediamo crollare ad una ad una tutte le tappe su cui avevamo fantasticato per tutto questo tempo, ma soprattutto crolla il sogno di tornare a casa con la Landy. La delusione ci modifica i volti… Ci guardiamo in faccia, alziamo le spalle e sospiriamo…se così deve essere così sarà! Se c’è una cosa che abbiamo imparato da questo viaggio è riuscire ad accettare le situazioni senza farsi venire l’ulcera, prendere le cose come vengono senza forzare il destino, anche se questo significa modificare tutto il nostro itinerario in India. Unica soluzione rimasta è, ahinoi, adottare il piano di riserva che sinceramente avevamo già archiviato perchè ci avrebbe ripulito completamente il portafogli e risucchiato fino all’ultimo eurino dalle nostre carte di credito, già fortemente provate:  imbarcare la macchina a Bombay e prenotare un volo per noi!
Quell’incredibile senso di invincibilità che ci ha accompagnati per tutti i 12.000 chilometri da Cattolica fino a Varanasi e la libertà che abbiamo vissuto per tutto il tempo, si sono spenti con un miserabile NO WAY!, riportandoci alla realtà temporale che avevamo letteralmente perso. Ma poi, come risvegliati da un lungo sogno, ci siamo resi conto che la nostra missione era stata invece compiuta, arrivare a Varanasi in macchina! e poi l’impegno inderogabile per domenica 15 gennaio ha nuovamente stimolato il nostro entusiasmo perché il tutto stava per compiersi definitivamente!
Abbiamo ancora tanto da fare, Varanasi stiamo tornando!!!

 

Sulle rive del Gange

Pubblicato il 13 gennaio 2012 da girandulon

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Benares, Kashi o Varanasi, nomi diversi per uno stesso ed unico luogo che non appartiene alla terra ma al cielo, come dicono da queste parti. Varanasi è una delle città più antiche del mondo e fare la sua esperienza è qualcosa che non si dimentica tanto facilmente.

 

Tappa fondamentale del turismo occidentale e meta imprescindibile di pellegrinaggio, in quanto uno dei siti più sacri dell’India, la città di Shiva è anche il luogo dove molti hindu decidono di venire a morire perchè permette di liberarsi dal ciclo delle reincarnazioni. Ed è lungo i suoi ghat, i gradini che scendono fino alle rive del Gange, che si assiste ai momenti più intimi e profondi di questa città; qui ci si lava per purificarsi dai peccati, si beve l’acqua del fiume a grandi sorsate (!!!), si accendono alte pire impilate ad arte e ci si raccoglie intorno ad un cadavere pronto per essere cremato…il tutto avvolto in una perenne nebbiolina, mista a fumo acre ed incenso profumato, che rende l’atmosfera ancora più ovattata e surreale!

 

La seconda Varanasi che si incontra uscendo dai ghat, invece, è quella dei viottoli stretti e bui (gali) che ricordano un po’ le labirintiche calli veneziane in cui è molto facile perdere l’orientamento. Qui la vita scorre frenetica tra i piccoli negozi ed i templi, come il popolare Vishwanath dedicato a Shiva dove si fanno offerte di latte al suo lingam (fallo), ma è fondamentale in questo dedalo di vie non distrarsi troppo e fare sempre attenzione a dove si mettono i piedi per non incappare in una buca o in una sacra cacca di mucca! Esiste poi anche una terza Varanasi, scoperta per caso e visibile solo dall’alto, che è quella dei tetti da cui prendono il volo decine e decine di aquiloni colorati, un’altra grande passione non solo per i più piccoli!
L’ Elena guest house dove pernottiamo, si trova sul Rana Mahal ghat dal cui terrazzo è possibile osservare indisturbati ciò che accade lungo il Gange ad ogni ora del giorno e della notte,

 

ma si trova anche immersa nei suoi vicoli contorti, dove scimmie e mucche la fanno decisamente da padrone! Inutile dire che siamo arrivati in questo posto per caso, come sempre deve essere, dopo aver conosciuto Elena, italianissima di Brescia ed i suoi 2 splendidi e sveglissimi bambini, a Chandigarh, legati solidamente a questa città e a questa guest house! Non potevamo trovare posto migliore per vivere la destabilizzante atmosfera di Varanasi ed entrare nelle sue solide tradizioni permeate di superstizione!
Astenersi maniaci della pulizia e deboli di stomaco!

 

Everything is possible in India!

Pubblicato il 7 gennaio 2012 da girandulon

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Non so se sia vero, ma così si dice! In ogni caso basta pagare, allora tutto può essere possibile!
Nel nostro viaggio fino a qui ci siamo accorti che la cosa che accomuna paesi come Turchia, Iran e Pakistan è la gentilezza offerta per puro piacere, che sia sotto forma di consiglio o di favore. Il Corano insegna a “non dare con lo scopo di ricevere” e quindi lo fanno veramente con il cuore. E noi inizialmente increduli nel vedere tanto affanno per noi, ne abbiamo goduto piacevolmente stupiti. In India invece dobbiamo fare sempre i conti con la carta contante!!! Infatti dopo un cordiale “Namaste” la parola che segue è quasi sempre “money” e l’insistenza di cui sono capaci è estenuante!
L’India è la terra della vita vissuta alla giornata, totalmente impregnata di religiosità e devozione. Ogni casa o capanna che sia ha una stanza o un angolino dedicato alle proprie divinità dove, ogni giorno, si accende un incenso o si fa un’ offerta di fiori, riso e cocco. E’ veramente la terra dei controsensi per eccellenza, i carretti trainati dagli asini e le auto Tata percorrono le stesse strade, il canto lungo tre giorni di un Baba e le suonerie dei telefonini condividono lo stesso campo sonoro, la mole ingombrante delle mucche e il colore accecante dei sari danno un tocco di surrealtà, un gruppo di bambini che gioca a cricket in un campo vicino ad un gruppo di Sadhu rannicchiati che spipacchia allegramente…
L’India ha una crescita economica tra le più rapide ed è ormai una superpotenza del software, ma è anche il paese che ospita un terzo dei poveri di tutto il mondo, di coloro che sono nati sotto il segno dei dalit, ovvero la casta più bassa, quella degli intoccabili, dopo i quali ci sono le Tribù non identificabili.
E’ un mondo pittoresco, a tratti assurdo ed irreale, che si riversa tutto nelle strade, governato da un universo altrettanto pittoresco e kitchissimo di divinità, di miti e superstizioni. Tutto si rifà alla Trimurti, la trinità, composta da Brahma (colui che ha creato l’universo), Vishnu (colui che preserva) e Shiva ( colui che distrugge e ricrea) e le città e i villaggi sono costellate da templi dedicati a loro e alle loro incarnazioni (o avatar).

 

Siamo passati per Vrindavan, la città di Krishna, incarnazione di Vishnu, e meta di pellegrinaggio di tutti gli Hare Krishna del mondo. Poi non potevamo perderci Agra e goderci ciò che l’impero Moghul ha lasciato, con l’immancabile tappa al Taj Mahal e scattare la più classica delle foto

 

La strada dell’impero Moghul ci ha portato a scoprire posti deliziosi come Fathepur Sikri, che per un breve periodo fu anche capitale dell’impero e Orchha, un tranquillo villaggio immerso nel verde sul fiume Betwa dove ci siamo goduti qualche giorno in completo relax.
Decidiamo di deviare dalla strada principale perchè non potevamo perderci Khajuraho e le meravigliose contorsioni delle sculture che adornano l’esterno dei suoi templi, risalenti al 1000 d.C. ed ispirate al Kama Sutra, oggi diventate Patrimonio dell’Umanità.

 

Una deviazione che avrà sicuramente compromesso gli ammortizzatori della Landy, dato che mancava l’elemento principale: la strada!
     Prima cosi..

 

HINDUSTAN ZINDABAD!!!

Pubblicato il 31 dicembre 2011 da girandulon

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Lunga vita all’India! E’ questo l’inno da stadio che si canta a gran voce durante la spettacolare cerimonia di chiusura del confine indo-pakistano e che vede ogni giorno al tramonto orde di turisti ed appassionati che affollano gli spalti per godersi lo spettacolo come una vera partita di calcio!

 

Noi chiaramente ci siamo goduti entrambi gli spettacoli, passando una notte proprio in quel confine che è stato uno dei più caldi dal dopoguerra ad oggi e che è l’unico passaggio possibile per l’attraversamento via terra tra Pakistan e India, sempre in balia degli eventi.
Ancora increduli e divertiti per la cerimonia, ci muoviamo verso Amristar, a 20 km circa, la città sacra dei Sikh famosa per il suo Golden Temple, la cui cupola si dice che sia stata realizzata con 700 kg di oro puro

 

e per essere stata teatro di incredibili massacri – come quello avvenuto nel 1919 nel quartiere di Jallianawalla Bagh per mano del generale inglese Dreyer, che ordinò di aprire il fuoco durante una manifestazione di protesta uccidendo circa 1500 indiani tra cui donne e bambini.
I Sikh seguono una religione che prende elementi sia dall’Hinduismo che dall’Islam; sono monoteisti e credono nella reincarnazione, sono vegetariani e non accettano la divisione sociale in caste. Hanno un aspetto decisamente fiero e benestante e si riconoscono dal turbante a punta che serve a nascondere i lunghi capelli che non vengono mai tagliati dalla nascita, così come la barba. Nel tempio tutti sono ben accetti e noi lo abbiamo vissuto nella sua totalità, dormendo nella stanza destinata ai forestieri e cenando a terra, nelle grandi stanze assieme a centinaia di persone di ogni ceto sociale, grazie al lavoro di gruppi di volontari che si adoperano 24 re su 24 per preparare cibo, lavare le stoviglie e tenere pulito il tempio. Questo luogo è come un rifugio dove tutti possono trovare un posto per dormire ed un piatto di dhal caldo con chapati, perché qui tutti sono uguali, qui non ci sono distinzioni.

 

Camminare a piedi nudi sul gelido marmo bianco non ha certo aiutato il nostro raffreddore, ma lo spettacolo che il Golden Temple offre mozzerebbe il fiato a chiunque, regalandoci una due giorni estremamente affascinante.
Dal luogo sacro per eccellenza ci muoviamo verso la città- esperimento di Chandigarh, figlia di un progetto dell’eclettico architetto svizzero Le Corbusier, che divide da sempre l’ opinione pubblica. Il primo premier dell’India indipendente, Jawaharlal Neru, voleva che la nuova capitale del Punjab e dell’Haryana dopo l’indipendenza rappresentasse un progetto moderno, ”come espressione della fede della nazione nel futuro”. E chi meglio del grande Le Corbusier, maesto del Movimento Moderno e dell’Urbanistica Contemporanea?

 

La città di Chandigarh, con i suoi viali alberati e la sua divisione in sectors , con i suoi parchi, i numerosi parcheggi e le bellissime residenze basse tutte con giardino, rappresenta e fonde insieme tutti i suoi studi sulla città a misura d’uomo e le novità sul cemento di cui fu pioniere. Decisamente un’ India molto soft, ordinata e pulita, ma che a ben vedere non nasconde tratti di inconfondibile indianità, come qualche carretto con asino che blocca il traffico nelle rotatorie, i continui clacson spacca timpani, una donna che prepara strane polpette marroni lungo la strada ( e che non sono certamente di farina!!!)!
Un bell’esperimento comunque, come ci conferma il mitico Narinder, un Sikh che ha visto tutta l’evoluzione della sua città e, ora che è in pensione, si gode i turisti donando loro la sua conoscenza, secondo la filosofia dell’Open Hand (anche il simbolo della città). 

 

Noi lo abbiamo incontrato all’uscita dello straordinario Rock Garden, che si dice sia il sito turistico più visitato di tutta l’India dopo Il Taj Mahal, un originale giardino nato dalla fantasia dell’artista Nek Chand e realizzato con un’infinità di materiali riciclati, che si snoda in un dedalo di viuzze originali e sorprendenti dove ci si aspetterebbe di incontrare il Bianconiglio da un momento all’altro!  Il giardino rappresenta oggi uno dei più significativi progetti di riciclaggio di tutta l’Asia.
A Chandigarh festeggiamo i nostri 10.000 km e regaliamo alla Landy un carissimo ricambio d’olio, un nuovo filtro ed una bella lavata!

 

Pakistan, ci siamo!

Pubblicato il 26 dicembre 2011 da girandulon

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Siamo arrivati nella terra che spaventa……e che terrorizza soprattutto mia madre!
Il Pakistan è stato territorio indiano fino al 1947, quando fu stupidamente deciso da parte del vicerè inglese, di separare le regioni a maggioranza musulmana come Pakistan e Bangladesh, dall’India hinduista. Questo taglio netto, che divise in due il Punjab e mutilò l’India, provocò la morte di migliaia di persone nell’esodo più tragico che il secolo scorso possa ricordare. La famosa Partition, alla quale si opporrà fermamente Gandhi, si rivelerà una soluzione azzardata ed inutile perché fu causa di scontri e tensioni ancora vive e che non ha risolto il problema della separazione religiosa dato che l’India, con il suo politeismo hinduista, resta uno degli stati con più musulmani entro i suoi confini. Il Pakistan ed Il Bangladesh sono oggi tra i paesi più poveri del mondo!
Dopo la nostra lunga avventura off road, decidiamo di fermarci a Quetta un paio di giorni per riposarci e per fare un check up ai vari mezzi! Dimenticati i visi sorridenti ed i saluti delle persone che ci hanno accompagnato fino a lì, siamo accolti con sguardi decisamente sospettosi! Quetta è la capitale del Balochistan ed è l’unica città di una certa consistenza per centinaia di chilometri verso ogni direzione, praticamente una sosta obbligata per chi transita con un proprio mezzo! Non ha niente di interessante per quel poco che siamo riusciti a vedere, dato che è considerata una delle città più pericolose del Pakistan, in mano ai talebani e per questo è altamente sconsigliato ai turisti gironzolare liberamente, soprattutto dopo il tramonto! Ma i ragazzi si sono concessi uno shopping su misura, la Shalwar kameez, un abito tradizionale maschile molto comodo e che tutti i pakistani indossano.

 

Tanta polvere, tanto traffico e di conseguenza tanto smog. L’unica elemento affascinante e curioso al momento sono i camion, minuziosamente decorati in ogni centimetro quadrato

 

ed un uso esagerato di hennè che ricopre di rosso capelli degli uomini, nonchè le criniere dei poveri asinelli!
Ricaricate le pile ripartiamo tutti per Sukkur, una deviazione obbligata verso sud, nel Sind, visto che la via più breve per raggiungere Multan è zona altamente proibita ( anche prima che venissero rapiti i due svizzeri questa estate…e se era proibita, mi chiedo, perché andarci? senza scorta poi!!!)
Non appena la scorta ci ha lasciati ( ma forse si era fermata solo per cambiare auto, ancora non ci è ben chiaro come li abbiamo persi!) siamo partiti in quarta fermandoci solo ad un altro check point,  per proseguire di filata fino a Sukkur, attraverso una serie di villaggi che portano ancora i segni delle continue alluvioni  estive, causa ogni anno di grandi tragedie e conseguente povertà, ben visibile nelle lunghe distese di tendopoli!
ed un uso esagerato di hennè che ricopre di rosso capelli degli uomini, nonchè le criniere dei poveri asinelli!
Ricaricate le pile ripartiamo tutti per Sukkur, una deviazione obbligata verso sud, nel Sind, visto che la via più breve per raggiungere Multan è zona altamente proibita ( anche prima che venissero rapiti i due svizzeri questa estate…e se era proibita, mi chiedo, perché andarci? senza scorta poi!!!)
Non appena la scorta ci ha lasciati ( ma forse si era fermata solo per cambiare auto, ancora non ci è ben chiaro come li abbiamo persi!) siamo partiti in quarta fermandoci solo ad un altro check point,  per proseguire di filata fino a Sukkur, attraverso una serie di villaggi che portano ancora i segni delle continue alluvioni  estive, causa ogni anno di grandi tragedie e conseguente povertà, ben visibile nelle lunghe distese di tendopoli!
Solita storia, per coprire 400/500 km sono necessarie 8/9/10 ore di viaggio, su strade dissestate e piene di tutto, dai carretti trascinati dagli asini alle bici, dai motorini ai camion, da ogni tipo di animale ai pedoni, per non parlare degli odiati speed-breakers (i nostri dossi, ma con i quali non hanno niente a che vedere!), che oltre a rompere la velocità causano gravi danni alle auto!
Dopo due giorni altrettanto lunghi e  faticosi raggiungiamo Lahore il 13 dicembre e ci commuoviamo vedendo finalmente una città: indicazioni stradali, viali, semafori, parchi, ma sempre un caos convulso e sregolato sulle strade! Ci meritiamo decisamente una pausa e goderci quello che la prima vera City pakistana che possiamo viverci ci offre! L’ostello scelto (Regale Internet Inn) è stato decisamente un ottimo affare ed il proprietario, Malik, un personaggio interessante, molto noto anche per essere una sorta di talent scout per molti musicisti,  che si esibiscono spesso anche sul tetto dell’ostello, come è capitato al nostro arrivo. Il Qawali è una forma tradizionale di musica islamica  inestricabilmente legata alla tradizione sufi, la parte più mistica dell’ islam, che si sforza di raggiungere Dio attraverso l’esperienza personale; con la musica e trascinati dalle note e dai poemi cantati, i fedeli danzano e girano cadendo in una sorta di trance.  Essere invitati in una moschea e vedere con i propri occhi questo rituale non ha prezzo, soprattutto quando ci sono anche tanti ragazzi e bambini che partecipano coinvolti!
Una full immersion decisamente spirituale e necessaria, dato che questa sosta a Lahore ci sta togliendo almeno vent’anni di vita: 10 per lo smog infernale che si respira ad ogni uscita, immersi nella fitta nebbia dell’ inquinamento e altri 10 per ogni volta che dobbiamo muoverci con i famigerati ri(S)ckshaw!
Inshallah!!!

 

Il nostro Balochistan

Pubblicato il 15 dicembre 2011 da girandulon

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11 dic

Il 7 dicembre siamo partiti tutti insieme all’alba carichissimi, con l’intenzione di passare il confine e sostare a Taftan, la prima “città” pakistana, per affrontare poi il giorno successivo i 650 km del deserto del Balochistan che ci separavano da Quetta.

Ma tutti i nostri programmi, studiati con cura la sera prima, si sono infranti a 200 km dal confine, quando la polizia ci ha fermati, sequestrato i nostri 8 passaporti e procurato la famosa scorta (escort in inglese, ma niente a che vedere con le + famose amichette del Berlu!). Quei 200 km si sono trasformati in un’odissea di 7 ore, scortati da un posto di blocco ad un altro per lasciare le nostre generalità a tutto l’esercito di confine iraniano. La lunga ed estenuante giornata si è conclusa a Mirjaveh, l’ultima città di frontiera!
Decisamente avviliti e sfiniti, abbiamo capito che eravamo in balia delle loro decisioni.
Il giorno seguente ripartiamo nuovamente, speranzosi di raggiungere Quetta almeno in serata, ma le pratiche al confine si sono trascinate all’infinito, tra attese, timbri, sorrisi e curiosità!

 

L’ingresso in Pakistan è stato a dir poco polveroso, un mondo completamente diverso ci aspettava, fatto di fango e polvere, già in odore di India. Cambiamo senso di marcia (che poi si rivelerà una futilità!), cambiamo le nostre rupie in rials e mandiamo ancora avanti e lancette dell’orologio e finalmente dopo 4 ore ripartiamo con una nuova scorta pakistana

 


ma le continue soste ai check point per lasciare i nostri dati e scambiare chiacchere con le guardie ci fanno sorgere il dubbio che non avremmo raggiunto la meta nemmeno questa volta!

 

E infatti, quando le ombre della sera hanno comnciato ad allungarsi, veniamo scortati nel villaggio di Nikkundi e portati alla stazione di polizia (eufemismo chiaramente!) dove abbiamo dormito tutti insieme in una grande stanza della “guesthouse” con mezzo esercito nei paraggi!

 

La mattina seguente, dopo 2 giorni decisamente difficili, senza più esitazioni ed accelerando ad ogni check point arriviamo finalmente a Quetta, dopo 13 ore di strada incredibile, con il buio che aveva stancato gli occhi di tutti.
Questo è il nostro viaggio attraverso il Baluchistan:

 

BELLE SORPRESE!

Pubblicato il 14 dicembre 2011 da girandulon

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7 dic
Nonostante in Iran le notizie, specialmente su internet, arrivino in pillole, siamo riusciti a captarne una non proprio confortante, che ci ha messo anzi in uno stato di allerta che necessitava soluzione rapida! Leggiamo che le forze Nato hanno bombardato “per errore” (e figuriamoci!!) il confine tra Pakistan e Afghanistan uccidendo 25 militari pakistani e che il governo pakistano ha reagito molto duramente (ma dai!)! Ora sta a vedere che per colpa di questi continui ed arroganti errori di chi punta sempre il dito contro questa parte di mondo NOI dobbiamo rimetterci il viaggio o cambiare programma rendendo inutile il nostro sudato visto per il Pakistan!
Cominciamo a pensare seriamente a tutte le soluzioni possibili e l’unica forse fattibile è imbarcare la macchina a Bandar Abbas nel Golfo Persico fino a Dubai e da lì fino a Bombay. Si perderebbe però metà del valore del nostro viaggio! Andiamo comunque ad informarci in agenzia e la cifra per il solo carico dell’auto fino a Dubai ci fa restare a bocca aperta, praticamente un mese di India o forse più! Un po’ sconsolati decidiamo di informarci diversamente, lasciando da parte le fuorvianti informazioni mediatiche e andando direttamente alla fonte, chiamando il PTDC (Pakistan Tourism Development Corporation) a Quetta in Pakistan e l’Akbar guest house di Bam in Iran, punto di ritrovo per tutti i viaggiatori con un mezzo proprio che vogliono attraversare il confine. Entrambi ci rassicurano, ognuno con le sue motivazioni. Decisamente sollevati decidiamo comunque di andare a Bam come da programma e vedere con i nostri occhi se davvero ci sono altre persone che intendono fare il nostro stesso percorso.
Il 5 dicembre, dopo 500 km nel desertico panorama del Dasht-e-Lut arriviamo all’Akbar Guesthouse, per noi famosa soprattutto perchè fu tappa anche di Giorgio Bettinelli nel suo viaggio (e nel suo libro) In vespa da Roma a Saigon! Non potevamo mancare questo appuntamento!                    La città di Bam, un tempo importante crocevia sulle vie commerciali tra oriente ed Europa, è stata quasi completamente rasa al suolo dal catastrofico terremoto del 2003 che causò più di 26000 vittime. Oggi la città sta cercando di risorgere dalla polvere di quella tragedia e l’Arg-e-Bam, l’antica cittadella in fango e mattoni, è uno dei suoi simboli; abitata per oltre 2000 anni è la più grande struttura al mondo realizzata con questo materiale ed oggi, grazie ai fondi stanziati dal governo e dall’Unesco, il più grande progetto architettonico in mattoni e fango, che vede chiamati al lavoro i migliori ingegneri ed architetti non solo iraniani, per una ricostruzione il più vicina possibile ai metodi tradizionali.

 

Anche Mr Akbar è riuscito lentamente a ricostruire la sua guesthouse, facendone un importante luogo di ritrovo, una tappa fondamentale, per non far perdere di vista questa città ai viaggiatori.

 

E qui infatti abbiamo trovato altri ragazzi che come noi aspettavano la fine del Muharram, il 6 dicembre, per raggiungere il Pakistan! Chi in moto, chi in auto, chi dal Canada, dall’Inghilterra e dall’Australia…la cosa si è fatta davvero interessante, come vedere nel parcheggio il pittoresco furgoncino blu di Hariom (Austria) già incrociato sul nostro percorso ad Istanbul!
We are all born mad. Some remain so (Samuel Beckett)

 

CHI HA PAURA DELL’UOMO NERO?

Pubblicato il 14 dicembre 2011 da girandulon

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4 dic                              
L’Iran stupisce ed affascina. E’ un paese al quale siamo legati da radici secolari di cui purtroppo ne abbiamo perso memoria, perchè da decenni siamo bombardati da una contro informazione che ci offre un’ immagine distorta di questo popolo, presentato come il nemico numero uno dell’Occidente! E non c’è visione più sbagliata!
E’ un paese che intimorisce perchè è estremamente differente da tutto, non è capitalismo nè comunismo, ma una Teocrazia con dei valori e delle tradizioni forti! L’Iran è la prima Repubblica Islamica del mondo, proclamata nel 1979 a seguito di un referendum, dopo la vittoriosa rivoluzione che ha visto la cacciata dello Scià ed il ritorno trionfale di Komeini. E’ ricchissima di petrolio e per questo ha sempre fatto gola a molti (in primis alla sua nemica numero uno America) soprattutto in un periodo di profonda crisi dell’economia mondiale! Oggi ha un leader discutibile, certo, ma d’altra parte non si può dire che un popolo sia il riflesso esatto del suo premier, questo l’Italia dovrebbe saperlo molto bene!!!!
Nelle poche settimane di permanenza ci siamo resi conto che gli iraniani sono un popolo che ha un senso dell’ospitalità e dell’altruismo fuori dal comune e che a fatica riusciamo a capire…si fanno in quattro se hai bisogno di un’informazione, ti aspettano al semaforo per accertarsi che prendi la strada giusta, salgono in macchina per accompagnarti (anche perché capire le indicazioni in farsi non è proprio così semplice…ma ci stiamo allenando!) abbiamo già collezionato non so quanti indirizzi e numeri di telefono, per non parlare degli inviti a casa! Veramente sbalorditivo!

E’ un mondo differente e forse spaventa proprio per questo, è una cultura che rispetta le sue regole ed il suo galateo a cui gli iraniani sono molto devoti. I giovani seguono mode e tendenze e le ragazze sono decisamente delle fashion victims in quanto a ru sari (il velo sulla testa), ce ne sono di ogni colore e materiale ed ognuna lo porta in modo diverso! Anche io, abbandonata la bellissima arte del parrucco, mi sono dovuta adattare all’obbligo di coprire il capo…scegliendomi il mio al bazaar di Kashan! Certo bisogna abituarsi a portarlo e soprattutto farci anche un po’  l’occhio visto che non è proprio da tutte risultare carine…questo forse spiega perché l’Iran è il paese al mondo con più plastiche facciali (mai visti tanti nasini alla francese!)! Chi l’avrebbe mai detto!!! Anche lo chador, il velo nero lungo fino ai piedi, lo vedo con occhi nuovi ora; innanzitutto sotto indossano abiti comuni, poi non tutte le donne lo portano, è una sorta di scelta che dipende dal grado di osservanza e dalla tradizione delle famiglie. Oggi i giovani, soprattutto le ragazze, hanno una vita molto più facile di qualche anno fa, i genitori sono più aperti e spesso chiudono un occhio, ma sempre nel rispetto delle regole! Vorrebbero comunque più libertà, poter andare al cinema e vedere film non solo iraniani, bere una birra in compagnia e vestirsi più liberamente, avere meno restrizioni a livello mediatico ed essere quindi più aperti verso il mondo! Per le ragazze anche fumare in pubblico è estremamente sconveniente ed io, che rispetto sempre usi e costumi di ogni paese (perché l’esperienza mi insegna!), non so davvero cos’altro escogitare per godermi in pace una santa sigaretta! Beati vizi! Quello della libertà personale è una grossa limitazione per i giovani che tendono sempre di più ad allontanarsi dall’Islam.
A parte questo, vivendo l’Iran ed entrando in contatto con la sua gente si capisce subito quante fesserie mediatiche ci vengono servite a colazione! L’Iran non è l’uomo nero da combattere, quello si trova da un’altra parte!

 

Esfahan: la metà del mondo

Pubblicato il 11 dicembre 2011 da girandulon

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30 nov
Lasciata l’affascinante Kashan e la bellissima casa tradizionale che ci ha ospitati per due giorni, puntiamo in direzione di Esfahan, percorrendo i 400 km sulla bellissima autostrada dal manto immacolato, con un occhio sempre vigile sulla maleducata guida degli autisti iraniani!
Esfahan è il capolavoro dell’Iran…e ce ne siamo accorti subito percorrendo Chahar Bagh, il lunghissimo viale aberato pieno di vita che taglia in due la città. Negozietti ovunque, banche, ristoranti ed un formicolio di persone che si muove rapido, rendono viva questa città, un gioiello di raffinatezza.
Isfahan neft-e jahan’ (Isfahan è la metà del mondo) scrisse un poeta nel 500, sottolineandone tutta la maestosità, evidente soprattutto in Imam square (Naqsh-e Jahan che significa “modello del mondo”) la piazza più bella dell’Iran, dove lo scià Abbas il Grande volle riunire le magnificenze dell’impero safavide.

E’ bastato chiedere un’informazione a tre ragazze per trasformare la nostra sosta di un paio di giorni in una quattro giorni veramente interessante…ed internazionale! Felicissime di praticare un pò di inglese, per di più molto buono, ci guidano per la piazza facendoci mille domande sulla vita in Italia e spiegandoci la storia delle due moschee e del palazzo Ali Qapu. Con la loro spigliatezza e curiosità uniscono al nostro gruppetto anche Jaque, un ragazzo malese che in solitaria si aggirava per la piazza con la sua super macchina fotografica, e tutti insieme decidiamo di prendere un autobus per raggiungere i famosi ponti del fiume Zayandeh. L’autobus è stata l’esperienza più strana in assoluto…zone separate per uomini e donne, non ci potevo credere, come nell’America razzista degli anni 30!
Superato questo shock ci siamo rilassati sulla riva del fiume, dove le famiglie si riposano per un pic nic e le coppiette trovano un posticino appartato per……..tenersi la mano!

 

Come da tradizionale accoglienza iraniana le ragazze ci portano anche una merenda a base di nun (il loro pane molto simile alla nostra piadina) e una morbida insalata di ceci e yogurt, una delizia!
Lì incontriamo anche una coppia conosciuta da loro in precedenza, Regi e Viky (lui belga lei di Hong Kong) che sta viaggiando in bicicletta e si uniscono a noi per un chay in compagnia nella tradizionale teahouse sul ponte Si-o Seh (famoso per i suoi 30 archi!).
La cosa incredibile è che in Iran non si riesce a non conoscere gente, ce l’hanno nel sangue l’accoglienza, quindi per l’indomani abbiamo avuto un invito a pranzo tutti insieme a casa di Mike, un ragazzo iraniano che però vive a New York (strano connubio!) e che si trovava lì per il mese del Muharram ( il mese del lutto per l’Imam Hossein, l’Ashura per i Pakistani).
E’ così che funziona qui, ci si lascia trasportare dalle cose ed è così che è andata per i restanti giorni della nostra permanenza ad Esfahan (ho fatto anche da psicologa ad una ragazza in crisi amorosa, mentre Roberto era stato letteralmente “rapito” da suo marito e portato alla cerimonia del Muharram…..in bicicletta!).
That’s Iran!

 

WELCOME TO PERSIA

Pubblicato il 11 dicembre 2011 da girandulon

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26nov
Il 23 novembre abbiamo passato il nostro secondo confine: Turchia-Iran e non nego una certa emozione!
Le pratiche burocratiche si sono svolte in un paio d’ore, sballottati da un ufficio ad un gabbiotto, da una guardia ad un ufficiale e pagando ben 290 € (che comprendevano già l’autostrada, una tassa sulla benzina e il conto per l’agenzia turistica che ha presentato la nostra richiesta di visto al Ministero!).
Siamo entrati finalmente in Persia, la terra di Ciro il Grande, di Dario e di Serse, dello Scià e degli Ayatollah (quante versioni di greco perse nella polvere della memoria…mi perdonerà il mio professore!)
L’Iran è un paese estremamente affascinante, ricco di arte e di poesia, fatto di montagne e deserti, di villaggi di fango e di grandi e sfarzose città! L’Iran è un controsenso!
Passato un altro fuso orario ( + due ore e mezzo rispetto all’Italia) e cambiati i nostri euro in Rials, oltrepassiamo Maku, la prima città dopo la frontiera dove ci fermiamo a fare benzina e con sorpresa ci rendiamo piacevolmente conto che un pieno ci costa la bellezza di 7€ (100€ in meno rispetto alla Turchia!). Questo ottimizza decisamente gli animi!!! Dopo 600 km arriviamo a Zanjan con il buio e siamo subito travolti da un traffico disordinato un pò alla romana, dove solo il più sveglio ha la meglio! Anche per i pedoni non c’è vita facile qui, le strisce pedonali infatti sono un puro elemento decorativo che ovvia al grigio dell’asfalto, quindi bisogna tentare e…inshallah!!!
Sfogliata la “sacra” guida scopriamo che qua vicino, in un posto sperduto tra le montagne, c’è il tempio zoroastriano di Takht-e Soleiman (nel III sec era la religione di stato della Persia) diventato patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, posto imperdibile per Roberto. Questa religione venerava i 4 elementi ed il fuoco era rappresentato da un vulcano dalla forma piramidale

che abbiamo deciso di scalare la mattina dopo, con una sosta alla vicina città di Takab, ma ci siamo risvegliati così

quindi niente fuoco!!!
La serata nell’hotel a Takab è stata memorabile, ci siamo ritrovati coinvolti in un matrimonio curdo-persiano, una cosa veramente curiosa; uomini e donne restano separati in due stanze diverse per poi riunirsi tutti insieme per le danze, dopo il consenso del padre della sposa. Due ragazzi si sono seduti al nostro tavolo e con un inglese singhiozzante e la solita lingua internazionale dei gesti ci hanno invitati a partecipare e mi hanno fatto fare foto e video, un’occasione unica!
Questa gente è così, estremamente affabile e sempre prodiga di consigli, molto diversa da noi ma allo stesso tempo identica! Non so perchè c’è sempre così tanto timore quando si parla di questi luoghi, forse perchè è un paese poco aperto al mondo, deciso a rimanere chiuso in se stesso, di cui si sa poco o quasi niente e va da sè….ciò che non si conosce fa sempre molta paura!

Dogubayazit….verso il confine con l’Iran!

Pubblicato il 22 novembre 2011 da girandulon

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Ci muoviamo verso est lasciando Goreme e la nostra casina nella roccia al Melek Cave House, dopo una colazione da campioni con i soliti formaggio, olive, uova e tanto pane! Ci aspettano circa 700 km per arrivare ad Erzurum. In compenso il paesaggio si è fatto meno brullo, con i marroni più decisi ed i gialli che sfumano nel verde, il tutto circondato da una catena di montagne bianchissime che suggeriscono già ciò che ci aspetta!!!

Dopo aver percorso 600 km, con una temperatura esterna che oscilla tra 1 e -7, i lavori lungo la strada ed il buio che rallentano parecchio il cammino, superiamo Erzincan e ci fermiamo nel primo paesino che troviamo, Uzumlu, dove chiaramente non esistono OTEL, ma ci indirizzano alla Teacher’s House, una struttura che credo ospiti gli insegnanti. In un inglese approssimativo e scarno il direttore, Mr Uyup ci suggerisce di tornare ad Erzincan oppure, se ci va di dormire separati, di passare lì la notte! Di tornare indietro non se ne parla e così accettiamo, seguendo la bellissima filosofia di prendere tutto ciò che viene! Per cena siamo stati invitati a casa sua, un bell’appartamento in una palazzina poco lontana. Sua moglie Zebeyda ci ha preparato un’ottima cenetta con riso, verdure, peperoncini, formaggio e……kofte, ovvero POLPETTE!!!! Che fare???? Non potevo certo lasciarle nel piatto, non esiste rifiutare ciò che viene offerto perciò, con Roberto che se la rideva sotto i baffi, ne ho mangiata qualcuna…il mio vegetarianesimo quasi ventennale ha chiuso un occhio, comprendendo la situazione e diventando di larghe vedute!!!
Nel giro di 5 minuti la casa si è riempita di parenti venuti a conoscerci! Fra litri di cay, ottima baklava e comunicazione gestuale la serata è volata magnificamente e non si è conclusa alla Teacher’s House come secondo i piani,  ma nell’appartamento di Uyup e Zebeyda che hanno deciso di ospitarci anche per la notte! Gentilezza turca, a cui ancora dobbiamo abituarci!
Questa piacevole serata improvvisata ci ha dato tutta l’energia per ripartire di buon’ora in direzione di Dogubayazit, l’ultima città prima del confine con l’Iran. L’unica cosa che toglie il fiato qui, a parte questo odore pesante di gomma bruciata, è il Monte Ararat, che dai suoi 5000 metri svetta imponente e maestoso sul paesaggio sottostante.

 

Cappadokia dreaming!

Pubblicato il 22 novembre 2011 da girandulon

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Non avendo fatto un piano di viaggio troppo accurato, soprattutto per la Turchia che contavamo di attraversare in pochi giorni, decidiamo di deviare di qualche chilometro verso sud e muoverci verso la Cappadocia, una vera chicca!!!
Anche la sosta ad Ankara non era in programma, ma visti i chilometri da fare era l’unica soluzione! Ankara è la capitale della nuova Repubblica voluta da Ataturk, una città nuova e moderna con i suoi 3 milioni di abitanti che si espande a perdita d’occhio tra le montagne brulle dell’altopiano anatolico, immersa in un paesaggio dai toni più aridi che il giallo ed il marrone possano dare. Una sosta necessaria e poco interessante.
Poco male, Goreme ci aspettava con il suo originale paesaggio lunare, uno dei più interessanti della Turchia, creato dall’eruzione dei suoi 3 vulcani milioni di anni fa.

 

A prima vista il paesaggio monocromo sembra veramente desolante, mentre in realtà le enormi distese di materia vulcanica che ricoprono tutta la zona hanno reso il terreno estremamente fertile, tanto da rendere la Cappadocia ( che letteralmente significa “la terra dei cavalli più belli”) una zona estremamente ricca, con la produzione di grano e ottimo vino…che chiaramente abbiamo testato! Ma la caratteristica di questo luogo, quella che attrae maggior turismo, sono i famosi camini delle fate, dei capolavori della natura simili a sottili e lunghi camini con un piccolo cappello piatto in cima ele costruzioni a torre, modellate nel corso dei secoli dalla natura e scavate dall’uomo, che le ha sfruttate come abitazioni e come chiese, tutt’ora ricche di magnifici affreschi!

 

Ci siamo regalati un’altra due giorni da turisti per visitare questa incredibile realtà veramente fuori dall’ordinario, che dal 1980 è diventata patrimonio mondiale dell’umanità!

 

Ci siamo persi ad Istanbul….!

Pubblicato il 17 novembre 2011 da girandulon

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Alla carta è la città più popolosa d’ Europa (anche se è per metà asiatica e non fa effettivamente ancora parte della CEE…per sua fortuna!) con i suoi 20 milioni di abitanti e oltre che vivono in quell’enorme lembo di terra che va dal Mar Nero al Mar di Marmara, tagliato in due dal Bosforo. Istanbul è una città ricca, un melting pot di storia e tradizione che raccontano il suo passato, da quando fu la Bisanzio dei greci e la Costantinopoli dell’impero romano d’oriente, la capitale dell’impero ottomano fino alla Istanbul odierna, quella forgiata da Ataturk, il padre dei turchi, che con la proclamazione della Repubblica ha fatto di questa città e di questa nazione un luogo molto più aperto e moderno, ma comunque orgoglioso e fieramente fedele alle proprie tradizioni.
Ma più di tutto è una città enorme…e ne abbiamo avuto prova giusto giusto al nostro arrivo!

Delle due ore preventivate per arrivarci ne abbiamo impiegate più di quattro e non è stato piacevole scoprire di essere esattamente dalla parte opposta, cioè sulla riva asiatica (ed ancora non ci capacitiamo di come sia successo!).               “ Mi sono perso ad Istanbul e non mi trovano più…” diceva Giovanni L. Ferretti e non a torto. Letteralmente fagocitati dal traffico, al cui confronto Casablanca e Palermo nulla possono e completamente spaesati, abbiamo subito avuto modo di testare la famosa gentilezza turca…una donna ci ha praticamente accompagnati dall’altra parte e indicato la direzione per Sultanahmet! Arrivati finalmente nella zona vecchia, grazie ad “Antonio” (come si fa chiamare questo ragazzone che poi rivedremo più volte e sempre come suoi ospiti!) abbiamo trovato anche un parcheggio custodito ad un prezzo ragionevole ed una stanza lì vicino!
Passato lo shock è iniziata una tre giorni da turisti e, come nulla fosse, girando tra moschee, musei, bazaar, azzardando sperimentazioni culinarie ed una romantica gita in barca lungo il Bosforo il nostro budget ha subito un leggero contraccolpo! Ma tanto siamo Italiani…“Italy economy down” ci dicono…e come non sorridere (per non piangere!!!)!

 

E strada sia!

Pubblicato il 14 novembre 2011 da girandulon

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Staccato il cellulare, spento il gas, trasloco finito in nottata, caricato la macchina e finalmente il contachilometri è partito!
Traghettati da Ancona ad Igoumenitza (dove abbiamo riposato malamente ma in compenso conosciuto 3 personaggi interessanti, come sempre accade in questi covi di rarità!!) siamo partiti in quarta con tutta la carica del nostro entusiasmo perchè “eravamo finalmente in viaggio”!  La strada che collega Igoumenitza alla Turchia  è completamente nuova e  corre dritta come le noiose strade della Florida, ma si lascia guidare piacevolmente.  Solo una breve sosta a Kavàla, una bella cittadina di mare, forse una delle poche che meriti una visita lungo quel tragitto, per poi proseguire fino oltre il confine, passato senza troppi dilungamenti.  “Illumination” ci ha detto la guardia quando ha capito dove eravamo diretti!!!
Dopo aver percorso i nostri primi 800 km, aver cambiato le prime monete ed aver passato un confine ed un fuso orario (+ 1 ora) ci siamo fermati a Tekirdag, deliziosa città sul mare di Marmara, per noi la prima vera porta verso oriente, con il suo tipico brulichio di gente per le  strade! Mancano solo 200 km ad Istanbul, ma lasciamo a domani l’impegno di inoltrarci nel caos della prima grande città!
…e caddi come corpo morto cade.

 

Ci siamo…..

Pubblicato il 10 novembre 2011 da girandulon

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-2…comincia il countdown!!!
Non se ne poteva più di questa infinita incertezza, l’insonnia ci stava uccidendo, ma finalmente abbiamo una data: sabato 12!!! I carnet de passage sono arrivati oggi, con nostro immenso stupore (eravamo pronti a farceli spedire in Turchia!), mentre gli agognati visti arriveranno domani direttamente a casa e obbedendo fedelmente al detto che di venere non si parte non resta che aspettare un giorno! Non male comunque…dato che nel frattempo, giusto per non farci mancare proprio niente, abbiamo anche il trasloco da fare! Toccata e fuga nella casina nuova che cominceremo a vivere al nostro ritorno!
Meglio non partire stressati e fare le cose con calma (mi prendo il merito di questa immensa saggezza!)
Intanto anche la nostra fedele compagna di viaggio è pronta IMG_256

 

ed è già stata testata da Roberto…io sinceramente ancora non ho avuto il coraggio di azzardare la mossa su una macchina che è esattamente il triplo della mia smartina :0 ma dovrò……..
Ci siamooooo!

 

E il secondo visto c’è!

Pubblicato il 29 ottobre 2011 da girandulon

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Ieri i miei scagnozzi di Roma hanno recuperato anche il visto per l’Iran! IMG_256In quattro giorni dalla loro richiesta e due settimane dopo aver spedito il fatidico codice necessario per il rilascio!
Direi che ormai ci siamo…..aspettando quello per l’India!

 

Prima bella notizia!

Pubblicato il 24 ottobre 2011 da girandulon

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Dopo un mese e mezzo oggi finalmente la prima bella notizia: Habemus Pakistani visa!
….e sinceramente sembra un miraggio!  Stavamo veramente disperando, perchè tutto sembrava opporsi a questo viaggio! Altre strade possibili per raggiungere l’India dall’Iran non ci sono, o meglio l’opzione è solo una: l’aereo….ma Roberto non ne vuole proprio più sapere!
Bene comunque IMG_256
Aspettiamo domani notizie dall’ambasciata dell’Iran!!!

 

 

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